Centro storico e periferia di Milano

Nel pensiero comune il centro storico di Milano, con il peso della sua storia e il legato delle sue testimonianze è il luogo di riferimento e dell’identità della città. Mentre di contro le periferie risultano confuse e sfilacciate per la scarsa qualità delle edificazioni massificate del secondo dopoguerra, per l’assenza di caratterizzazioni, per la mancanza di servizi. Ma è proprio così?

Sicuramente l’immagine della città dormitorio è quella che più diffusamente è stata la definizione delle periferie degli anni cinquanta-sessanta, una sorte di non-luoghi, una specie di accampamenti in muratura e lontani dalle attività e dalla cultura.

È da ricordare che comunque le periferie postbelliche composte da edifici inseriti in contesti in parte ancora agresti, hanno ottenuto anche risultati egregi legati al fatto che vi sono cresciute generazioni di persone che hanno innervato con le loro azioni la vita urbana.

Nel secondo dopoguerra anche in zone centrali di Milano vi erano edifici di stampo popolare, a basso prezzo. Con il concentrarsi delle attività bancarie, finanziarie, commerciali e le relative ristrutturazioni tese a valorizzare gli edifici esistenti, è stato espulso tutto ciò che “non era all’altezza”.

Ma negli ultimi anni, pian piano la periferia è andata assomigliando al centro, nella logica che sempre ha accompagnato l’espansione urbana, i valori immobiliari sono cresciuti e quelle che erano case popolari, sono divenute di proprietà, hanno assunto il pregio di essere contigue a zone divenute parco, da prati incolti che erano e questo ha conferito loro un valore notevole nell’epoca della dilagante cementificazione.

Così è nata la prospettiva della città policentrica, le periferie crescendo si sono dotate di servizi e sono divenute arcipelaghi gravitanti ancora attorno al centro storico ma ciascuna di esse ha acquisito centralità che ne confermano la dignità di luogo.

Com’è noto, il turismo urbano cresciuto esponenzialmente nei primi lustri del XXI secolo ha accentuato la visibilità dei centri e anche di alcune ex-periferie, dove sono sorti edifici emblematici “firmati”, quali il Progetto Bicocca o CityLife, Chiaravalle che e’ il laboratorio milanese della transazione ecologica, o il Corvetto dov’è stata allestita una risorgiva tra le abitazioni popolari nell’ambito del programma europeo Food of Ware e non ultima NoLo, acronimo di North of Loreto, pezzo di città al di là della circonvallazione fino a ieri maltrattata dalle differenze, diciamo quartiere troppo multietnico per essere appetibile, oggi addirittura paragonato alla parigina Belleville.

Ma allora forse è il caso di “rendere periferico” il centro? Ad esempio recuperando ambiti dove si possa far crescere cespugli o far giocare i ragazzini dove ora c’è il museo urbano; oppure trasformando in strutture permeabili e non chiuse i tanti spazi che ancora esistono e non sono utilizzati da nessuno, senza costruirci qualcosa ma aprendoli alle trasformazioni che giovani artisti o architetti emergenti vorranno apportarvi.

Tutto ciò è ovviamente una provocazione per spingere a pensare la città dal punto di vista urbanistico. Dopo l’esperienza del lockdown pandemico che ha svuotato e reso fantasmi le strade dei centri storici, sarebbe un modo per iniettare nuova vita.

Tutto ciò risulta al Gruppo Sarpi Immobiliare, sempre attento ai cambiamenti urbanistici e sociali e sempre al servizio di chi vuole acquistare una casa.